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D.L. n. 105 del 23/07/2021 e DPCM 12/06/2021

Di Luigi Pirandello
Con Giovanni Mongiano
Regia di Giovanni Mongiano
TEATRO LIEVE

Scritto nel 1904 da Luigi Pirandello, capolavoro della letteratura del secolo scorso, “Il Fu Mattia Pascal” ci restituisce un personaggio impastato di gioia e di sofferenza, di riso e di pianto, di comico e di tragico, sempre sul filo tra umorismo e drammaticità. Lo stile pirandelliano e la sua scrittura spiccatamente ironica, paradossale, talvolta sarcastica, sono terreno invitante e fecondo per la proverbiale leggerezza interpretativa di Giovanni Mongiano, perfetto nel restituire non solo gli smarrimenti del protagonista in modo disincantato, ma anche le tinte e le sfaccettature dei vari personaggi che si avvicendano nella storia. Oggetto di mille trasposizioni teatrali e cinematografiche fin dai tempi dell’autore, fanno da controcanto allo spettacolo le rare immagini in bianco e nero del film muto del 1926 di Marcel L’Herbier, interpretato dal grande attore russo Ivan Mojoukine. Archetipo della filosofia pirandelliana, Mattia Pascal è l’esemplare testimone dell’assurda condizione dell’uomo prigioniero delle maschere sociali «di marito, di moglie, di padre, di fratello…di tutta quella somma di leggi, di doveri, di parole», contro cui lotta ininterrottamente, ma inutilmente la «vita». Il sentimento più interno, più profondo ed autentico che l’uomo ha della vita e di se stesso, la favilla rapita al sole da Prometeo per farne dono agli uomini (di cui Pirandello parla nel saggio L’umorismo), mai troverà «realtà fuori di sé». «Fuori della legge e fuori di quelle particolarità, liete e tristi che siano, per cui noi siamo noi… non è possibile vivere». Mai come ora “Il fu Mattia Pascal” ci pare di una modernità sconcertante, dove il protagonista va alla ricerca di una libertà illusoria. La storia è affascinante, la trama sorprendente. Allontanatosi dalla famiglia dopo la perdita della figlioletta e un furibondo litigio con la suocera e la moglie, Mattia Pascal arriva a Montecarlo, dove vince una fortuna al casinò. Nel viaggio di ritorno a casa, trova su di un giornale la notizia di cronaca di un cadavere di uno sconosciuto, suicida, che è stato scambiato per lui. Ufficialmente morto, ne approfitta per cambiare identità. Favorito dal caso, intravede la possibilità di sciogliersi da ogni vincolo e legame, liberarsi dal fardello del passato, per approdare a una nuova vita, a una specie di liberazione, alla felicità. Diventa Adriano Meis, ma poco per volta scopre che non esiste, non può sposarsi, non può denunciare un furto, non può neppure raccontare ad alcuno la sua bizzarra vicenda. E via via vedendo scemare l’entusiasmo per quella nuova libertà, ritorna prigioniero della propria vita, scoprendo in tutta la sua crudezza la frode della sua illusione. Decide allora di tornare a casa, ma scopre che l’ambiente dove era vissuto si è presto adattato alla sua assenza: per lui ormai non c’è più posto. Un’originale, raffinata, maliziosa interpretazione di Giovanni Mongiano, che ci prende per mano per farci vivere l’avventura incredibile e stupefacente di un personaggio memorabile e fuori dal tempo.

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